Spesso mi è capitato di intervistare giocatori più o meno famosi, ma risposte così vere e sincere senza i falsi moralismi o senza le solite risposte scontate non ne ho avute quasi mai. Di Cristian Bertani, ascoltandolo nel suo racconto, posso dire davvero con certezza che prima di essere un giocatore è un uomo con i pregi e i difetti che ognuno di noi ha, ma in lui c’è quella vivida consapevolezza che nella sua lunga carriera ha lottato da solo per ciò che ha ottenuto, senza avere sconti e senza farne a nessuno. Bertani è oggi un uomo che si apre e si descrive ai tifosi del Briga sia come personaggio sportivo sia come persona sincera e matura.

Ciao Cristian della tua lunga carriera facciamo un link che riporta a Wikipedia altrimenti non basta una pagina del giornale per descriverla, ma se voi dirci almeno com’è iniziata?

Ciao Simone, credo che tu abbia ragione anche perché ho iniziato a cinque anni in una squadretta del mio quartiere che non poteva neppure tesserarmi perché ero sotto età minima. Già giocavo con quelli più grandi del Legnano e grazie alla mia voglia e alla mia passione per il calcio piano piano ho fatto tutta la trafila e la classica gavetta nelle giovanili. Sono approdato in prima squadra iniziando così la fase più importante della mia carriera che mi porta dove sono oggi, il resto è cronaca che come dici tu si trova on-line.

Hai giocato contro i più grandi e assieme ai più grandi ci racconti i tuoi preferiti?

Dirtene uno o pochi sarebbe difficile. Ho avuto la fortuna di giocare contro il Parma di Buffon il Milan dei più forti e tutte le altre squadre di ogni categoria che all’interno avevano grandi campioni. Ho giocato sempre al massimo, dando il meglio e non ho mai visto loro come “miti” ma solo come compagni o normali avversari. Credo che la squadra venga prima del nome singolo anche se questo è importante. Grazie alla mia carriera a Novara ho spiccato il volo e ho fatto la parte più bella della mia storia calcistica. Una cosa posso rivelarla, ho avuto un grande compagno ed amico che è stato Pablo Gonzàlez, un ragazzo che fuori e dentro al campo è stato il mio gemello di vita. Insieme ci compensavamo e ci muovevamo sul campo davvero in simbiosi. Ci capivamo all’istante e ogni cosa veniva facile con lui. Se ho segnato molto e ho raggiunto tanti obbiettivi lo devo anche a Pablo ed è giusto ringraziarlo. Credo che sia stato il mio alter ego naturale, il mio miglior compagno. Nonostante non siamo più in squadra insieme ci sentiamo spesso e la sua idea di iniziare ad allenare dopo il calcio giocato la ritengo adeguata. Mi dicono che abbia iniziato con il piede giusto e che abbia preso la cosa in maniera seria e meticolosa.

Al di là di ciò che ti è successo dentro e fuori dal campo, ti penti di qualcosa o hai rimpianti?

La scelta se è giusta o sbagliata la capisci solo alla fine, quando nel bene e nel male l’hai fatta. Non ho rimpianti ne rinnego ciò che è avvenuto, dentro e fuori dal campo, ma sono un uomo che ha sempre affrontato tutto battendosi per la verità e volendo cercando giocare a calcio nella maniera che so fare. Sono uno che dentro e fuori dal rettangolo verde ha vissuto una vita frenetica che mi ha portato dove sono oggi. Non guardo indietro e non mi sento pentito o triste di qualcosa o di vicende che ormai sono passate, ma anzi mi sento del tutto sereno e felice di aver giocato moltissimo e di aver fatto cento gol nei professionisti e molti di più nei dilettanti. Ho raggiunto traguardi incredibili e a 43 anni mi sento anche quest’anno, che posso dare ancora tanto a questo sport e per la mia squadra.

Potevi fare ancora qualche anno in più in D, ma hai scelto la Promozione e l’Eccellenza come mai?

Sono scelte che ho fatto soprattutto guardando solo al fatto che stavo bene e volevo solo continuare a giocare. Non ho mai considerato la categoria, ma ciò che potevo dare e cosa potessi ottenere. Ad esempio, vincere l’anno scorso la classifica marcatori è stato fantastico, un bel traguardo anche se in Eccellenza. Scendere o salire non conta, conta essere importante per la squadra dovunque si giochi. Non sono qui per raccontare storie su di me ai giovani, come fa uno a fine carriera, ma sono qui per continuarla e giocarla. Smetterò solo quando mi sentirò inutile e di impiccio perché, quando diventi superfluo ed ingombrante è giusto lasciare, senza rancore e senza rimpianti, ma per ora mi sento ancora uno che vale.

Come ti vedono i tuoi compagni come un idolo o un semplice giocatore? Sei comunque un nome importante con cui coesistere?

Dovresti chiederlo a loro, perché è personale ed ognuno mi vede come vuole vedermi, ma ti posso dire che io sono qui a Briga per aiutare ed essere un uomo che aiuta lo spogliatoio soprattutto i giovani e che alla fine vuole divertirsi. Non sono qui a caso o solo per passare del tempo tra amici, ma per dare il mio contributo e sostenere come posso. Questa linea di principio è alla base della mia scelta di venire a Briga. Voglio prima di tutto essere fondamentale altrimenti che serve fare chilometri, allenarsi fino a tardi e mangiare alle nove di sera se non hai stimoli e voglia di vincere ancora?

Com’è avvenuto il tuo passaggio qui da noi a Briga?

Ero alla Pro Novara e pensavo di terminare il mio percorso lì visto che avevamo fatto bene e il progetto sostanzialmente era buono. Poi questa estate tra la fusione con l’RG e alcune incertezze sulla mia posizione in società, ho cercato qualcosa di concreto per il mio futuro. Mi ha chiamato il DS Sala e sono arrivato al colloquio sereno e sono stato convinto del progetto in meno di cinque minuti dando la mia disponibilità ed ora sono qui.

Come ti trovi nella squadra?

Avere qui gente che conosco mi fa stare bene. Amici, come Moia, Frascoia, Caporale e Scienza mi aiutano ad ambientarmi al meglio. Tutti assieme abbiamo giocato in diverse occasioni e questo mi agevola neanche in campo. Non ti nego che è anche per loro che sono qui a Briga, per il resto sono tranquillo e qui non manca nulla. Posso anche aggiungerti una cosa, non conoscevo il mister ma è stata una gran bella scoperta. L’allenatore Dossena è molto preparato e secondo me sarà il valore aggiunto per noi quest’anno.

Come vedi il nostro campionato tu che lo conosci e cosa pensi delle rivali?

Lo conosco bene perché ci gioco da anni, quindi so che ci sono squadre più o meno forti, ma ogni stagione è diversa. Una squadra però sono certo che secondo me farà la differenza, ed è la Biellese, che ha qualcosa in più rispetto alle altre. Loro potrebbero essere le favorite per la vittoria finale

E il Briga come lo vedi piazzato?

Noi dobbiamo salvarci prima possibile e fare bene. Abbiamo un grande presidente che ha degli obbiettivi e dobbiamo raggiungerli sia per lui sia per il pubblico. Abbiamo una buona squadra e vedremo se saremo in grado di fare una bella stagione.

Pensiamo sempre ai giocatori come a dei miracolati e li invidiamo tu ne cosa pensi?

Da fuori è tutto bello certo! Voi vedete le cose più appariscenti e il fatto che abbiamo fama e successo, ma nel mio caso non sai quanto abbia combattuto per arrivare in alto, e nessuno mi ha mai regalato niente. Sono arrivato con le mie forze dove sono e a soli 21 anni ero già molto lontano da casa con una moglie e due figli da crescere. Li ho visti poco e quando stavamo assieme, abbiamo traslocato decine di volte. Asili, scuole, case e città sempre nuovi e spesso ogni anno. Ambientarsi per i miei cari non è stato facile. Poi le trasferte lontano da casa e non vedere la tua famiglia e una cosa che fa male. Sembra scontato ma non è facile la nostra vita. Non sai dove andrai e non sai mai quanto potrà durare. Nel mio caso poi per alcune cose che ho dovuto affrontare anche fuori dal campo, posso dire che loro mi sono rimasti sempre accanto. Non mi hanno mai fatto mancare nulla e mi hanno sempre appoggiato. Non sembra ma per me è stato una cosa stupenda avere loro nella mia vita.

Quando smetterai cosa vorresti fare?

Mi sto strutturando per dare una mano ai tesserati. Non voglio dire la parola “procuratore”, perché rispetto ad altri vorrei essere per loro anche una figura paterna ed un amico. Non il solito che bada al guadagno. Oggi manca meritocrazia e se non fai parte del “sottobosco” che conta non fai il salto di qualità. Mi spiace dirlo ma è divenuto un mondo di dilettanti e prezzolati e spesso i bravi giocatori restano fuori esclusi da un sistema. Mi spiace ma credo sia così quindi vorrei essere diverso dagli altri e cambiare se posso qualcosa.

Ultima partita della tua carriera, al triplice fischio chiudi gli occhi e “rivedi” tutte persone care, chi di loro vorresti ringraziare?

Domanda bella davvero! prima di tutto mia madre, la mia famiglia e mia moglie. Senza di loro sarebbe stata durissima. Poi lo posso dire con il cuore in mano, ringrazierei anche me stesso, perché so solo io solo cosa ho passato e quanti sacrifici ho dovuto sostenere per arrivare in alto. Ringrazierei anche la vita stessa, perché nel bene e nel male mi ha dato tanto e con essa impari ad divenire quello che sei e quello che sarai.

S. Merlotti